Andalucia e Percussion kid

Tatiana, volontaria al festival, ci racconta le sue impressioni su alcuni film in concorso per la sezione lungometraggi finestre sul mondo (Andalucia di Alain Gomis) e sezione cortometraggi africani (Percussion Kid di Mohamed Achaour). I suoi commenti ai film si possono rintracciare su http://ladyemme.blogspot.com/

Juizo

 Film documentario in concorso per la sezione " Documentari Finestre sul Mondo", Juizo muove i suoi passi all'interno degli istituti di ri-educazione per minori a Rio de Janeiro, in Brasile. Pur essendo un documentario , i ragazzi presenti sono attori, a causa di una legge che impedisce che i carcerati siano ripresi con una telecamera.

Il documentario è molto ben costruito: non ci sono voci fuori campo, né spiegazioni per lo spettatore che segue passo per passo il colloquio tra il giudice e il ragazzo/a accusato/a, il suo trasferimento al carcere in camionette di sicurezza e il suo "soggiorno" in posti fatiscenti, con guardie ciniche, topi, sporcizia e omologazione. Emerge in modo netto la visione di Maria Augusta Ramos: in questi luoghi non esiste alcuna effettiva possibilità di migliorare questi ragazzi, né di rieducarli. Spesso però fa dire alla giudice - un personaggio davvero particolare, perché obbligato a prendere le distanze in senso emotivo per applicare la legge con rigore, ma non sempre convinto delle sue scelte - che la soluzione è andare a scuola; lei lo dice a tutti, ai ladruncoli, agli spacciatori e alle loro madri. L'istruzione è quello che li può migliorare e solo quella, perché nel suo cinismo giuridico la giudice proclama spesso la verità delle cose: " Se scappi dall'istituto, se torni nella favela, se non vai a scuola, rischi di prenderti un proiettile dai narcotrafficanti. Noi non vogliamo la tua vita. Loro sì". E prima dei titoli di coda vedremo che c'è davvero chi ha fatto quella fine.

si parla di Sembene Ousmane in università


Oggi, all’Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, all'interno del corso di Comunicazione Interculturale tenuto dalla prof.ssa Chiara Giaccardi si è discusso di tradizione e modernità, attraverso la proiezione di alcune sequenze tratte dal film Moolaadé, ultima opera di Sembéne Ousmane, che narra la storia di una ribellione, quella di Collé Ardo, unica donna nel suo villaggio a non aver mai escisso la figlia. Quando sette bambine si presentano a casa sua chiedendo protezione (la Moolaadé), Collé decide di cercare di cambiare lo stato delle cose.


All’incontro è intervenuto il critico cinematografico tunisino Tahar Chikhaoui che ha dibattuto con gli studenti. “Attraverso i suoi film, il regista senegalese ha sempre cercato di mostrare la realtà come dovrebbe essere. In questo si realizzava per lui l’autorità dell’arte. Questo film è una vera e propria proposta estetica: c’è un grande uso di colori, di vestiti e musiche ricercate. Perché è la bellezza che può cambiare la realtà. La mutilazione è un atto contro l’armonia del corpo femminile e, come tale, viene condannata”.
Nel cinema di Sembéne Ousmane non vi sono conflitti tra le culture. Il contrasto è all’interno di una stessa comunità ed è legato al potere. Gli scontri sono per stabilire chi lo detiene, questi scontri avvengono sia tra gli uomini e le donne, sia tra le donne stesse ed, inoltre, tra generazioni diverse. Da un punto di vista stilistico le inquadrature sono lineari. Non c’è sperimentalismo perché il messaggio deve essere a tutti i costi compreso. Il regista scriveva i suoi film, come precedentemente i suoi romanzi, per comunicare e svelare ciò che andava cambiato.
(Dafne)

presentazione del festival e proiezione di padre nuestro

Eccomi al ritorno della serata inaugurale di questo 18° festival del cinema africano, e devo dire che l’inizio non è stata quella che si potrebbe definire una passeggiata, cinematograficamente parlando, intendo.

A parte la gradevolezza della “cerimonia” d’apertura, in un contesto familiare e pacato, fortemente umano e a modo - con il concerto piano-voce e una breve presentazione da parte della direttrice Alessandra Speciale, il tutto con un brillante Andrè Siani abile padrone di casa - è sul film che volevo concentrare la mia attenzione: così, giusto per lanciare due spunti dal blog su quello che mi ha lasciato questa pellicola, a caldo, perché un film come questo non può lasciare indifferenti.

Il 18° festival del cinema africano è iniziato con la proiezione di Padre Nuestro, film di Christopher Zalla datato 2007; regista che sembra incarnare già in se stesso lo spirito di questo festival che, contrariamente a quanto continuo a scrivere, non è dedicato solo al cinema africano, ma anche a quello di Asia e America Latina. Già, perchè Zalla - giovane autore nato in Kenya e cresciuto negli Stati Uniti - fa un film con protagonisti messicani: sugli emigrati che lasciano il Messico per seguire il presunto “sogno americano”, per trovarsi alla fine in una situazione forse più drammatica di quella da cui fuggivano.

Padre Nuestro è un film duro, senza compromessi, e colpisce lo spettatore direttamente nella bocca dello stomaco, per lasciarlo lì, sulla sua poltroncina senza respiro.
È un film che parte da una matrice realista per poi distaccarsene leggermente, e trovare la maniera migliore per dipingere un quadro che ci mette di fronte ad uno spaccato di vita reale, vera forse oltre al vero. Nel senso che va oltre la singola storia raccontata.
Uno spaccato dal quale emerge la violenza di un mondo che non ammette i sentimenti, dove i rapporti umani, quando diventano davvero umani, vengono bruscamente interrotti: con la violenza.

E tutto pare avere un chiusura circolare, nonostante l’intrecciarsi delle storie dei due protagonisti. Il film parla del dramma dell’emigrazione e, in questo senso, il finale suona un po’ come un passaggio di testimone, con il vecchio che torna in Messico, da dove era venuto molti anni prima, e il giovane che scappa, con l’eredità del vecchio sulle spalle, e verso un futuro ignoto, ma di certo avverso e irto di difficoltà come fu quello del suo “predecessore”.

E poco importa se molte cose rimangono fuori campo, come la verità sulle menzogne che il finto Pedro racconta al vero padre, o come la vera fine del vero Pedro, che non si sa se muore o no. Quello che resta in campo, per trasmettersi direttamente nelle viscere dello spettatore, è un ritratto fedele di una condizione disperata, che va ben al di là di una singola vicenda umana.

(flavio)

appuntamenti in Università

Ecco il calendario degli appuntamenti che lo Spazio Università del Festival ha organizzato in alcuni dei maggiori atenei lombardi. Gli incontri sono organizzati in collaborazione con alcuni docenti afferenti ai corsi di cinema e studi culturali, che ospiteranno il festival, e ad alcuni registi e critici cinematografici, che interverranno nei dibattiti aperti agli studenti.

19 marzo, Università degli Studi di Milano, Facoltà di Scienze Politiche – Sociologia della comunicazione: cibo, identità culturale e mediaDalle 10.30 alle 12.15 Aula 13 (Sede di Via Conservatorio)

28 marzo, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano – Linguaggi dei Media: workshop sull’organizzazione del festival e cenni di storia del cinema africano
Dalle ore 10.00 alle ore 12.00, Aula Duns Scoto 117 (Sede di L.go Gemelli)

2 aprile, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Corso di Laurea in Linguaggi dei media – Teorie e tecniche della comunicazione di massa: terrorismo sugli schermi, proiezione del lungometraggio Making Off di Nouri Bouzid
Dalle ore 15.45 alle ore 18.30, Aula Bausola G003 (Sede di L.go Gemelli)

4 aprile, Università degli Studi di Bergamo, Dottorato in Scienze della Cooperazione Internazionale - Facoltà di Scienze Umanistiche: presentazione del Festival e proiezione del film documentario cileno La ciudad de los fotografos di Sebastian Moreno
Dalle ore 17.30 alle ore 19.30 Aula 8 (Sede di Sant'Agostino - Città Alta)

8 aprile, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Corso di Laurea in Linguaggi dei media – Comunicazione Interculturale: tradizione e modernità a confronto nel cinema di Sembene Ousmane. Interviene il critico cinematografico tunisino Tahar Chikhaoui
Dalle ore 10.45 alle ore 12.30, Aula Rotta 324 (Sede di Sant’Agnese, 3° piano)

8 aprile, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Facoltà di Scienze della Formazione – Tecnologie dell’istruzione e dell’apprendimento: il ruolo del cinema come strumento della didattica interculturale
Dalle 10.30 alle 12.30 Aula C014 (Sede di Via Carducci)

9 aprile, Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano, Corso di Laurea in Linguaggi dei media – Teorie e tecniche della comunicazione di massa: il regista marocchino Mohamed Achaour incontra gli studenti e presenta il suo cortometraggio Percussion Kid
Dalle ore 15.45 alle ore 18.30, Aula Bausola G003 (Sede di L.go Gemelli)

10 aprile, Università Cattolica del sacro Cuore di Brescia - Istituzioni di Cinema e Audiovisivi: il regista Samy Elhaj incontra gli studenti e presenta il suo cortometraggio Fooska
Dalle ore 10.00 alle ore 12.00, Aula 205 (sede di Via Aleardi)

10 aprile, Iulm - Storia e critica del cinema: la storia del cinema africano attraverso la figura di Sembene Ousmane, proiezione del primo lungometraggio africano La noire de…. L’attrice protagonista del film, Thérèse M’Bissine Diop, incontra e dialoga con gli studenti
Dalle ore 15.00 alle ore 16.30.

Conferenza Stampa di presentazione del Festival

Lo scorso 27 marzo 2008 si è tenuta presso lo Spazio Oberdan di Milano la Conferenza Stampa di presentazione del 18° Festival del Cinema Africano, d'Asia e America Latina aperta a stampa e pubblico, alla presenza, oltre che della Direzione Artistica (era presente Alessandra Speciale) e del comitato di selezione dei film (presente il critico cinematografico Giuseppe Gariazzo), di alcune autorità tra le quali Massimo Cecconi, direttore del Settore Cultura della Provincia di Milano; Giulia Amato, direttrice del Settore Tempo Libero del Comune di Milano che hanno ribadito il loro impegno ed interesse a supportare un'iniziativa come il Festival che "rappresenta un tentativo concreto -e coronato da un indiscusso successo di pubblico- di far conoscere continenti e culture lontane dagli schermi TV e dai circuiti commerciali delle sale cinematografiche".
Dello stesso avviso è Don Davide Milani, responsabile Comunicazioni Sociali della Diocesi di Milano che nel suo intervento ha sottolineato come il Festival possa davvero contribuire, attraverso la suggestione e la potenza del linguaggio cinematografico, a generare uno sguardo nuovo sul mondo, proponendo "un punto di vista alternativo a quello dominante nell'informazione corrente".

Nel corso della conferenza stampa, apertasi con la proiezione in anteprima del lungometraggio Padre nuestro (Usa, 2007) che racconta la drammatica vicenda di un giovane messicano che attraversa illegamente il confine per raggiungere gli Stati Uniti d'America, la Direzione Artistica del Festival ha scandagliato nel dettaglio la programmazione, presentando una ad una le sezioni in cui si articola la manifestazione.

Spazio Università: Incontro a Scienze Politiche

Anche quest'anno lo Spazio Universita' del Festival del Cinema Africano d'Asia e America Latina ha inaugurato il calendario dei propri eventi: per il secondo anno la Facolta' di Scienze Politiche ha ospitato il Festival, in data 19 marzo presso la sede di Via Conservatorio, all’interno del corso di Sociologia della Comunicazione tenuto dal prof. Federico Boni.
Durante l'incontro in Statale è stato proiettato il cortometraggio BLACK SUSHI, un film del giovane regista sudafricano Dean Blumberg, gia' vincitore del premio CINIT (Cineforum Italiano) – CIEMME (Ricerca e Informazione sulla comunicazione di massa) nella 14° edizione del festival. Il film è una storia di conoscenza reciproca: racconta della fascinazione prodotta dall’arte culinaria giapponese su Zama, un giovane sudafricano nero, che da semplice lavapiatti ed umile discepolo dello chef, diverrà cuoco sempre più abile conquistandosi gradualmente anche il favore della clientela più esigente.

Il Prof. Federico Boni, in seguito alla proiezione, ha approfondito alcune delle tematiche cardine del film, connesse al programma del suo corso, accennando in particolare alla rappresentazione dell’identità culturale attraverso i media, un tema attualissimo già affrontato da grandi autori come Appadurai ed Anderson secondo i quali l’immagine veicolata dalla cinematografia e dalla narrativa porta le persone ad immaginare un’“identità altrui”.
Una riflessione importante è stata dedicata alla manipolazione del concetto di multiculturalità. Tale concetto, inteso a caratterizzare un rapporto di scambi conoscitivi tra più culture e volto a valorizzare le differenze dell’Altro, è in alcuni casi utilizzato in chiave strumentale da alcuni soggetti (perlopiù politici) i quali, a fini propagandistici, usurpano la diversità della sua ricchezza riducendola ad una mera questione di pelle, contribuendo così a diffondere un’immagine negativa dell’altro volta più a disgregare le comunità che ad unirle all’insegna della cooperazione e del rispetto reciproco.

Un contributo importante è stato portato anche dal Dott. Lorenzo Domaneschi, ricercatore presso il Dipartimento di Studi Sociali e Politici, che nel suo intervento ha posto attenzione al concetto di autenticità ricreata al di fuori del suo contesto tradizionale: la storia rappresentata nel cortometraggio si svolge in un anonima Johannesburg, una delle grandi metropoli del mondo che al suo interno accoglie una molteplicità di realtà culturali. Nel sushi bar presentato da Blumberg, la macchina da presa si muove lentamente tra due “aree” del locale -la cucina, retroscena in cui si preparano le pietanze e la sala da pranzo del locale in cui il cibo è offerto ai commensali- svelando le dinamiche che concorrono alla creazione del prodotto autentico: il cibo viene manipolato e disposto sui piatti secondo un rito tradizionale che da anni si tramanda da maestro ad allievo. Il risultato di tali pratiche viene presentato alla clientela, interessata non tanto all’atto del mangiare in sé quanto piuttosto al rivivere l’esperienza culturale, assaporando, attraverso il cibo, l’autenticità del luogo di origine da cui si trova attualmente distante. La cucina e il bancone del sushi bar diventano perciò luoghi di riproduzione culturale: l’autenticità viene ricreata al di fuori del suo contesto natìo.
Domaneschi ha poi approfondito il tema dei confini di questa autenticità e l’attenzione si è concentrata sulle tre soluzioni presentate nel film che riassumono quelli che sono i più comuni atteggiamenti presenti nella società contemporanea: l’idea del protagonista di creare un “pop sushi” testimonia il processo di ibridazione culturale dovuto alla globalizzazione e all’incontro-mescolamento di tratti culturali diversi; in Zama avviene una profonda trasformazione resa attraverso l’espediente del cambiamento di pelle, quella pellicola di pelle formatasi sulle sue mani che lentamente, nel climax della storia, si toglie quasi a significare che da quel momento in poi adotterà un’altra cultura; ed infine, la terza soluzione, quella di Zama che varca il confine tra il retroscena e la scena, rendendosi visibile e noto ai clienti come autore del cibo tradizionale che questi stanno mangiando. In questo ultimo caso avviene il riconoscimento da parte della comunità seppur sempre confinato dietro un’etichetta -quella di “black sushi”- che mantiene comunque un distinguo da ciò che è realmente autentico (il sushi preparato dal maestro secondo la tradizione).

L’incontro si è concluso con una stimolante discussione che ha visto la partecipazione attiva degli stessi studenti, in risposta a quello che era l’auspicio degli organizzatori: creare un ulteriore momento di riflessione e dibattito sui temi di attualità, attraverso il piacere della visione di un’opera cinematografica presentata al festival.